martedì 23 gennaio 2018

ASSEMBLEA TEMATICA PUBBLICA

VENERDI 2 FEBBRAIO 2018

ASSEMBLEA TEMATICA PUBBLICA

ASSETTO URBANO E TERRITORIO

Un progetto per Viterbo: Cambiare si può, si deve ed è necessario e giusto.

Ti aspettiamo alle ore 17.00 presso la sala “BIANCOVOLTA”, in via delle Piagge n° 23 Viterbo

LA MADRE DEGLI IMBECILLI E’ SEMPRE INCINTA

LA MADRE DEGLI IMBECILLI E’ SEMPRE INCINTA
La storia non ci ha insegnato niente, dopo stermini, guerre, persecuzioni, si continua a parlare di salvaguardia della razza bianca.
Si continua, per opportunismo, ignoranza, ottusità, a negare che la razza umana è una ed una sola.
Il candidato (leghista) alla presidenza della regione Lombardia, alleato del criminale pregiudicato Berlusconi, alla sua prima uscita pubblica, in compagnia del suo degno compare Salvini, domenica intervistato su Radio Padania, ha affermato, tra le altre cose: «dobbiamo decidere se la nostra etnia, se la nostra razza bianca, se la nostra società deve continuare a esistere o se la nostra società deve essere cancellata» «Se… si bloccherà l’autonomia, saremo costretti ad andare a Roma con i forconi».
Questi personaggi, che per fini elettoralistici e di bottega, ancora oggi, istigano all’odio razziale, dimenticando che valori fondamentali come fraternità, uguaglianza, senza discriminanti di genere, etnia o religione, sono valori ormai acquisiti, conquistati nelle piazze e in Parlamento, dalle generazioni passate e lo saranno ancora in quelle future.
Dimenticano costoro che è stata combattuta e vinta una guerra contro il fascismo ed il nazismo, che promulgavano leggi razziali ed esaltavano l’ipocrita mito della razza pura (ariana).
Purtroppo, nonostante tutto, sta crescendo in Italia un sentimento ostile nei confronti dei migranti, bisogna affrontare il razzismo contemporaneo con meno sufficienza e più determinazione di quanto si faccia abitualmente.
Il neo-razzismo va comunque letto in un contesto nuovo, diverso da quello in cui fiorì il razzismo classico, ottocentesco, basato sul predominio tecnico, quello era legato all’espansionismo coloniale e sulla distanza abissale tra i livelli tecnici e culturali dei paesi coloniali e quelli colonizzati.
I bianchi erano allora gli invasori e motivavano la loro aggressività coloniale con l’affermazione di una presunta superiorità naturale.
Il razzismo di oggi è profondamente diverso: non è il razzismo dei dominatori occidentali, che sottomettevano per “civilizzare” alla loro maniera popoli e territori.
Questo è il razzismo dei perdenti, di coloro che hanno subito l’umiliazione e l’impoverimento e cercano un capro espiatorio su cui vendicarsi.
Il nuovo razzismo ha caratteri sociali: paura della concorrenza sul lavoro, paura sessuale da parte dell’invecchiata popolazione europea nei confronti delle popolazioni giovani del sud del mondo, paura dell’invasione che temiamo di subire.
Sciaguratamente forti gruppi economici, supportati da fedeli servitori: politici e mezzi di informazione, al fine di accrescere ricchezza e potere, stanno sempre più impoverendo i ceti meno abbienti, tentando di persuaderci che i nostri avversari sono: il diverso, il povero, il vagabondo, il migrante visto come miserabile e spesso come delinquente, una presenza “selvaggia” che semina paura, fastidio, odio, per le strade della civile Italia, “vite di scarto”.
I nostri avversari (e li conosciamo bene) sono al contrario coloro che per i propri interessi, delocalizzano le fabbriche all’estero creando disoccupazione e miseria; quelli che, approfittando di una voluta carenza di occupazione, costringono i giovani e meno giovani, ad accettare lavori sottopagati e privi di ogni tutela sindacale, provocando sempre più morti sul lavoro.
I nostri antagonisti sono quelli che, trasferendo le attività produttive in altre parti del mondo meno sviluppate, aumentano sottoccupazione e sfruttamento.
Se vogliamo cambiare veramente questo tipo di società per abolire ogni forma di discriminazione sociale, politica e culturale dobbiamo avere ben chiaro quali sono i nostri avversari e combatterli con tutti i mezzi.
Cambiare si può, si deve. È necessario e giusto.
Daniele Cario

venerdì 15 dicembre 2017

“Quella sera a Milano era Caldo…..”

            Il 12 dicembre del 1969, esattamente 48 anni fa, furono collocate bombe all’Altare della Patria e nel sottopassaggio della Banca Nazionale del Lavoro a Roma, con alcuni feriti. E, in contemporanea, con la terribile bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana a Milano, che provocò 17 morti e 88 feriti.
Aveva inizio così la “strategia della tensione”, che avrebbe continuato con bombe nelle banche, di stragi di civili sui treni e nei comizi sindacali, fatti vergognosi e deprecabili che appartengono alla nostra storia recente.
La strage di Piazza Fontana non è un mistero senza mandanti, un evento attribuibile a chiunque per pura speculazione politica. La strage fu opera della destra eversiva, con stretti legami organici fra i nazifascisti, elementi dei Servizi Segreti militari e dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, diretto all’epoca da Federico Umberto D’Amato.
Fu immediatamente perseguita la pista anarchica, fabbricata apposta da infiltrati di Ordine nuovo, di Avanguardia nazionale e dei servizi segreti, per depistare le indagini e mettere sotto accusa di fronte all’opinione pubblica gli anarchici e, per estensione, il movimento studentesco, che muoveva i primi passi, alle forze di sinistra impegnate nelle lotte sindacali di quel periodo, preparando così il clima per una svolta autoritaria e spingere l’allora Presidente del Consiglio, il democristiano Mariano Rumor, a decretare lo stato di emergenza nel Paese, in modo da facilitare l’insediamento di un governo autoritario. Come accertato anche dalla Commissione Parlamentare Stragi, erano state seriamente progettate in quegli anni, anche in concomitanza con la strage, delle ipotesi golpiste per frenare le conquiste sindacali e la crescita delle sinistre.
Svolta autoritario che non ci fu, grazie alla risposta popolare, alla contro informazione e mobilitazione dei giovani della sinistra extra parlamentare oltre alla pubblicazione del libro “ la strage di stato” e alla grande stampa, che dopo un po’, fece suoi molti temi di quel libro inchiesta. Opera che mise subito in evidenza le responsabilità delle formazioni di estrema destra e più precisamente di Freda e Ventura, oggi assolti, ma che se fossero stati giudicati con gli elementi d’indagine, acquisiti purtroppo con colpevole ritardo, quando loro non erano più processabili, sarebbero stati, come scrive la Cassazione, condannati.
Vengono, invece, immediatamente arrestati un gruppo di anarchici tra cui Pietro Valpreda indicato come il “mostro” nelle prime pagine dei quotidiani e nei telegiornali e il ferroviere Giuseppe Pinelli, quest’ultimo, tre giorni dopo la strage “viene suicidato” dal quarto piano della questura di Milano, martire delle lotte per l’emancipazione dei più deboli, degli ultimi.
            Per impedire che simili trame criminali possano nel futuro ripetersi è necessario, soprattutto per le nuove generazioni, che non si perda la memoria storica dei fatti, e che tale ricorrenze possano trasformarsi in utili insegnamenti
Miseri quei popoli, che hanno bisogno di martiri ed eroi per affrancarsi dalle diseguaglianze, dai soprusi e dalle privazioni.
“Quella sera a Milano era caldo…”

                                                                                  

lunedì 11 dicembre 2017




LIBERARSI DALLA SCHIAVITU’ DEL LAVORO
            Tutto, ma proprio tutto, da come ne parliamo al modo in cui ne affrontiamo i problemi ci pone davanti alla diffusa e vincente logica lavorista intesa nel senso deleterio del termine: la cultura dell’etica del lavoro (che già negli anni Cinquanta Bertrand Russell liquidava come “etica degli schiavi”), quella che ci spiega che “un lavoro qualsiasi è meglio di nessun lavoro” e che costringe a scelte come quella tra lavoro e salute, come ci insegna per esempio l’esperienza di Taranto e dell’Ilva. O quella, acclamata nei giorni scorsi da gran parte della sinistra, di un Bill Gates che propone la tassazione dei robot per rendere competitivo il lavoro umano.
 Sarebbe invece il caso di parlare di liberazione del (e dal) lavoro e dell’utilizzo a tale scopo dell’automazione e delle nuove tecnologie
Sarebbe forse un’utopia?
Sarebbe invece necessario risolvere le ragioni che spingono una persona precarizzata, condannata a vivere nell’incertezza e a contare quanto tempo gli resta da lavorare prima di accumulare i quaranta o più anni di lavoro che gli consentiranno di affrontare la vecchiaia, con il conforto di una pensione da fame.
Sarebbe forse tempo di mettere in discussione una volta per tutte la centralità del lavoro inteso come mezzo di liberazione e realizzazione della persona e quella del sacrificio inteso come dovere etico, un’assurdità che, non dimentichiamolo, campeggiava all’ingresso del campo di sterminio nazista di Auschwitz.
IL LAVORISMO ha vinto. IL LAVORO ha perso. Mai nell'epoca moderna i lavoratori sono stati così sfruttati, isolati, alienati, disperati, precarizzati.
La colpa è anche nostra che non siamo riusciti a fare della critica al lavoro della liberazione dal lavoro obiettivi e strumenti di lotta… LAVORARE TUTTI LAVORARE MENO.
L'idea di una riduzione generalizzata dell’orario di lavoro non si è mai trasformata in un programma, in un'azione globale, perché si poneva in antitesi con un sistema economico basato sulla produttività  ed era portatore di un modello culturale dove la vita, l’amore, la natura, il senso, il significato, il tempo, l’amicizia, la solidarietà l’uguaglianza, la reciprocità, il piacere, il godimento, il sogno, la bellezza …avrebbero prevalso.
Tali valori non avrebbero consentito che il 50% della ricchezza mondiale fosse patrimonio esclusivo di nove individui e che il 10% della popolazione gestisse il 90% della ricchezza mondiale, mentre il rimanente 90% condivide la fame.


                                                                                  Daniele Cario
PERCHE‘ UNA LISTA CIVICA

Perché intendiamo dare continuazione alle attività e alle esperienze unitarie di lotta e di partecipazione degli ultimi anni: la battaglia per la potabilizzazione dell’acqua (con il comitato Non ce la beviamo), il referendum sull’acqua pubblica, l’impegno per la valorizzazione del sistema termale, per i diritti civili, per l’effettiva parità di genere; l’attiva adesione alle iniziative per la pace e per il No al referendum del 4 dicembre con il Coordinamento Democrazia Costituzionale; lo scontro ancora in atto contro la riforma detta “buona scuola”, contro la precarizzazione del lavoro, contro il disfacimento della sanità pubblica, per ridare fiducia ai giovani e dignità agli anziani…  
Una lista formata da cittadini, associazioni, gruppi politici che non si sono mai arresi al saccheggio di questo territorio: persone deluse e indignate, che hanno deciso di riprendersi la gestione della propria vita e della vita pubblica, senza più delegare a politici mestieranti la propria sorte e il futuro della città.
 Negli ultimi 30 anni Viterbo e la sua provincia hanno visto regredire le proprie condizioni economiche e la qualità della vita , con servizi scadenti, la chiusura di esercizi commerciali, una disoccupazione giovanile tra le più alte d’Italia, e i cittadini relegati a un ruolo di passiva subalternità nei confronti dei poteri dominanti, interessati solo alla tutela dei propri privilegi.
Questa colpevole gestione della cosa pubblica ha portato un territorio come il nostro – che per le sue peculiarità storico-artistiche, naturalistiche, idrogeologiche, agroalimentari e termali potrebbe costituire un modello economico a livello nazionale – a una condizione di degrado senza precedenti. Pensiamo al centro storico cittadino, con il teatro dell’Unione, il cinema Genio, il Museo civico, o a siti archeologici pregevolissimi come Ferento e Castel d’Asso; ma anche al più totale disinteresse nei riguardi della riqualificazione dei quartieri periferici, delle frazioni, del Poggino.
L’inerzia che ha bloccato il settore termale di fatto ha favorito gli interessi di un’imprenditoria monopolistica, così come sconsiderato è stato ignorare il rilancio del settore agroalimentare, potenziale settore trainante dell’economia locale, o il mancato impegno per il potenziamento e il raddoppio della linea ferroviaria Viterbo-Roma.
Il fallimento del servizio di raccolta integrata dei rifiuti, che oggi con un’ipocrita campagna pubblicitaria (pagata dai contribuenti) si sta tentando di mascherare, è caratterizzato da disservizi, mancanza di funzionalità, e di decoro.
La  disastrosa gestione privatistica della società Talete, della quale il Comune di Viterbo è uno degli azionisti di maggioranza, ha permesso per anni l’erogazione di acqua con valori di arsenico e fluoruri superiori ai limiti consentiti, senza fornire adeguate informazioni alla cittadinanza e senza effettuare idonei investimenti per migliorare il servizio ed eliminare rischi alla salute, anzi imponendo agli utenti gravosi aumenti delle tariffe.
Tutto ciò dimostra che l’amministrazione dei BENI COMUNI, attraverso il sistema degli appalti  a società private, subordina inevitabilmente l’interesse della collettività al profitto: per questo va messo in atto un piano per riportare i servizi alla gestione diretta del Comune.
E’ ora di tornare ad occuparci dei nostri interessi, dei BENI COMUNI, riscoprendo il piacere di condividere sogni e speranze, misurandoci con la concretezza del reale. E poiché “siamo realisti, vogliamo l’impossibile”.
È con questi intenti, con questi obiettivi che associazioni, organizzazioni, singoli cittadini provenienti da percorsi politici, culturali, sociali diversi, hanno deciso di unire le proprie forze e le proprie idee per costituire un movimento che possa coinvolgere i viterbesi nella gestione diretta della cura della città, a difesa dei comuni legittimi interessi.
Questo coordinamento non ha niente a che fare con le destre e con il cosiddetto centro-sinistra che si sono susseguiti nei governi della città; ma a chi ritiene che sinistra e destra siano la stessa cosa, dimostriamo con i fatti che non è vero: non siamo “tutti uguali”.
La lista LAVORO E BENI COMUNI ribadisce e contestualizza su piattaforma civica i valori storici della sinistra e il conflitto sociale, candidandosi alla guida della città in netta contrapposizione con i gruppi affaristici e di potere che hanno governato negli ultimi decenni.
Invitiamo i viterbesi a partecipare alla prima Assemblea cittadina per la presentazione della Lista e del programma, che si terrà entro i primi giorni di dicembre in luogo e orario che saranno comunicati tramite i mezzi di informazione e pubblicizzati sul nostro sito.

Viterbo, 14 novembre 2017
                                                                                                                         LISTA CIVICA
                                                                                                              LAVORO E BENI COMUNI