martedì 23 gennaio 2018
LA MADRE DEGLI IMBECILLI E’ SEMPRE INCINTA
LA MADRE DEGLI IMBECILLI E’ SEMPRE INCINTA
La storia non ci ha insegnato niente, dopo stermini, guerre, persecuzioni, si continua a parlare di salvaguardia della razza bianca.
Si continua, per opportunismo, ignoranza, ottusità, a negare che la razza umana è una ed una sola.
Il candidato (leghista) alla presidenza della regione Lombardia, alleato del criminale pregiudicato Berlusconi, alla sua prima uscita pubblica, in compagnia del suo degno compare Salvini, domenica intervistato su Radio Padania, ha affermato, tra le altre cose: «dobbiamo decidere se la nostra etnia, se la nostra razza bianca, se la nostra società deve continuare a esistere o se la nostra società deve essere cancellata» «Se… si bloccherà l’autonomia, saremo costretti ad andare a Roma con i forconi».
Questi personaggi, che per fini elettoralistici e di bottega, ancora oggi, istigano all’odio razziale, dimenticando che valori fondamentali come fraternità, uguaglianza, senza discriminanti di genere, etnia o religione, sono valori ormai acquisiti, conquistati nelle piazze e in Parlamento, dalle generazioni passate e lo saranno ancora in quelle future.
Dimenticano costoro che è stata combattuta e vinta una guerra contro il fascismo ed il nazismo, che promulgavano leggi razziali ed esaltavano l’ipocrita mito della razza pura (ariana).
Purtroppo, nonostante tutto, sta crescendo in Italia un sentimento ostile nei confronti dei migranti, bisogna affrontare il razzismo contemporaneo con meno sufficienza e più determinazione di quanto si faccia abitualmente.
Il neo-razzismo va comunque letto in un contesto nuovo, diverso da quello in cui fiorì il razzismo classico, ottocentesco, basato sul predominio tecnico, quello era legato all’espansionismo coloniale e sulla distanza abissale tra i livelli tecnici e culturali dei paesi coloniali e quelli colonizzati.
I bianchi erano allora gli invasori e motivavano la loro aggressività coloniale con l’affermazione di una presunta superiorità naturale.
Il razzismo di oggi è profondamente diverso: non è il razzismo dei dominatori occidentali, che sottomettevano per “civilizzare” alla loro maniera popoli e territori.
Questo è il razzismo dei perdenti, di coloro che hanno subito l’umiliazione e l’impoverimento e cercano un capro espiatorio su cui vendicarsi.
Il nuovo razzismo ha caratteri sociali: paura della concorrenza sul lavoro, paura sessuale da parte dell’invecchiata popolazione europea nei confronti delle popolazioni giovani del sud del mondo, paura dell’invasione che temiamo di subire.
Sciaguratamente forti gruppi economici, supportati da fedeli servitori: politici e mezzi di informazione, al fine di accrescere ricchezza e potere, stanno sempre più impoverendo i ceti meno abbienti, tentando di persuaderci che i nostri avversari sono: il diverso, il povero, il vagabondo, il migrante visto come miserabile e spesso come delinquente, una presenza “selvaggia” che semina paura, fastidio, odio, per le strade della civile Italia, “vite di scarto”.
I nostri avversari (e li conosciamo bene) sono al contrario coloro che per i propri interessi, delocalizzano le fabbriche all’estero creando disoccupazione e miseria; quelli che, approfittando di una voluta carenza di occupazione, costringono i giovani e meno giovani, ad accettare lavori sottopagati e privi di ogni tutela sindacale, provocando sempre più morti sul lavoro.
I nostri antagonisti sono quelli che, trasferendo le attività produttive in altre parti del mondo meno sviluppate, aumentano sottoccupazione e sfruttamento.
Se vogliamo cambiare veramente questo tipo di società per abolire ogni forma di discriminazione sociale, politica e culturale dobbiamo avere ben chiaro quali sono i nostri avversari e combatterli con tutti i mezzi.
Cambiare si può, si deve. È necessario e giusto.
Daniele Cario
venerdì 15 dicembre 2017
“Quella sera a Milano era Caldo…..”
Il
12 dicembre del 1969, esattamente 48 anni fa, furono collocate bombe all’Altare
della Patria e nel sottopassaggio della Banca Nazionale del Lavoro a Roma, con
alcuni feriti. E, in contemporanea, con la terribile bomba alla Banca Nazionale
dell’Agricoltura, in piazza Fontana a Milano, che provocò 17 morti e 88 feriti.
Aveva
inizio così la “strategia della tensione”, che avrebbe continuato con bombe
nelle banche, di stragi di civili sui treni e nei comizi sindacali, fatti
vergognosi e deprecabili che appartengono alla nostra storia recente.
La strage
di Piazza Fontana non è un mistero senza mandanti, un evento attribuibile a
chiunque per pura speculazione politica. La strage fu opera della destra
eversiva, con stretti legami organici fra i nazifascisti, elementi dei Servizi
Segreti militari e dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno,
diretto all’epoca da Federico Umberto D’Amato.
Fu
immediatamente perseguita la pista anarchica, fabbricata apposta da infiltrati
di Ordine nuovo, di Avanguardia nazionale e dei servizi segreti, per depistare
le indagini e mettere sotto accusa di fronte all’opinione pubblica gli
anarchici e, per estensione, il movimento studentesco, che muoveva i primi
passi, alle forze di sinistra impegnate nelle lotte sindacali di quel periodo,
preparando così il clima per una svolta autoritaria e spingere l’allora
Presidente del Consiglio, il democristiano Mariano Rumor, a decretare lo stato
di emergenza nel Paese, in modo da facilitare l’insediamento di un governo
autoritario. Come accertato anche dalla Commissione Parlamentare Stragi, erano
state seriamente progettate in quegli anni, anche in concomitanza con la
strage, delle ipotesi golpiste per frenare le conquiste sindacali e la crescita
delle sinistre.
Svolta autoritario
che non ci fu, grazie alla risposta popolare, alla contro informazione e
mobilitazione dei giovani della sinistra extra parlamentare oltre alla
pubblicazione del libro “ la strage di stato” e alla grande stampa, che dopo un
po’, fece suoi molti temi di quel libro inchiesta. Opera che mise subito in
evidenza le responsabilità delle formazioni di estrema destra e più
precisamente di Freda e Ventura, oggi assolti, ma che se fossero stati
giudicati con gli elementi d’indagine, acquisiti purtroppo con colpevole
ritardo, quando loro non erano più processabili, sarebbero stati, come scrive
la Cassazione, condannati.
Vengono,
invece, immediatamente arrestati un gruppo di anarchici tra cui Pietro Valpreda
indicato come il “mostro” nelle prime pagine dei quotidiani e nei telegiornali
e il ferroviere Giuseppe Pinelli, quest’ultimo, tre giorni dopo la strage
“viene suicidato” dal quarto piano della questura di Milano, martire delle
lotte per l’emancipazione dei più deboli, degli ultimi.
Per
impedire che simili trame criminali possano nel futuro ripetersi è necessario,
soprattutto per le nuove generazioni, che non si perda la memoria storica dei
fatti, e che tale ricorrenze possano trasformarsi in utili insegnamenti
Miseri quei
popoli, che hanno bisogno di martiri ed eroi per affrancarsi dalle
diseguaglianze, dai soprusi e dalle privazioni.
“Quella sera a Milano era caldo…”
lunedì 11 dicembre 2017
LIBERARSI DALLA SCHIAVITU’ DEL LAVORO
Tutto,
ma proprio tutto, da come ne parliamo al modo in cui ne affrontiamo i problemi ci
pone davanti alla diffusa e vincente logica lavorista intesa nel senso
deleterio del termine: la cultura dell’etica del lavoro (che già negli anni
Cinquanta Bertrand Russell liquidava come “etica degli schiavi”), quella che ci
spiega che “un lavoro qualsiasi è meglio di nessun lavoro” e che costringe a
scelte come quella tra lavoro e salute, come ci insegna per esempio
l’esperienza di Taranto e dell’Ilva. O quella, acclamata nei giorni scorsi da
gran parte della sinistra, di un Bill Gates che propone la tassazione dei robot
per rendere competitivo il lavoro umano.
Sarebbe invece il caso di parlare di
liberazione del (e dal) lavoro e dell’utilizzo a tale scopo dell’automazione e
delle nuove tecnologie
Sarebbe forse
un’utopia?
Sarebbe invece
necessario risolvere le ragioni che spingono una persona precarizzata,
condannata a vivere nell’incertezza e a contare quanto tempo gli resta da
lavorare prima di accumulare i quaranta o più anni di lavoro che gli
consentiranno di affrontare la vecchiaia, con il conforto di una pensione da
fame.
Sarebbe forse
tempo di mettere in discussione una volta per tutte la centralità del lavoro
inteso come mezzo di liberazione e realizzazione della persona e quella del
sacrificio inteso come dovere etico, un’assurdità che, non dimentichiamolo, campeggiava
all’ingresso del campo di sterminio nazista di Auschwitz.
IL
LAVORISMO ha vinto. IL LAVORO ha perso. Mai nell'epoca moderna i lavoratori
sono stati così sfruttati, isolati, alienati, disperati, precarizzati.
La colpa è anche
nostra che non siamo riusciti a fare della critica al lavoro della liberazione
dal lavoro obiettivi e strumenti di lotta… LAVORARE TUTTI LAVORARE MENO.
L'idea di
una riduzione generalizzata dell’orario di lavoro non si è mai trasformata in
un programma, in un'azione globale, perché si poneva in antitesi con un sistema
economico basato sulla produttività ed
era portatore di un modello culturale dove la vita, l’amore, la natura, il
senso, il significato, il tempo, l’amicizia, la solidarietà l’uguaglianza, la
reciprocità, il piacere, il godimento, il sogno, la bellezza …avrebbero
prevalso.
Tali valori
non avrebbero consentito che il 50% della ricchezza mondiale fosse patrimonio
esclusivo di nove individui e che il 10% della popolazione gestisse il 90%
della ricchezza mondiale, mentre il rimanente 90% condivide la fame.
Daniele
Cario
PERCHE‘ UNA LISTA CIVICA
Perché intendiamo dare continuazione alle attività e alle
esperienze unitarie di lotta e di partecipazione degli ultimi anni: la
battaglia per la potabilizzazione dell’acqua (con il comitato Non ce la
beviamo), il referendum sull’acqua pubblica, l’impegno per la valorizzazione
del sistema termale, per i diritti civili, per l’effettiva parità di genere;
l’attiva adesione alle iniziative per la pace e per il No al referendum del 4
dicembre con il Coordinamento Democrazia Costituzionale; lo scontro ancora in atto
contro la riforma detta “buona scuola”, contro la precarizzazione del lavoro,
contro il disfacimento della sanità pubblica, per ridare fiducia ai giovani e
dignità agli anziani…
Una lista formata da cittadini, associazioni, gruppi
politici che non si sono mai arresi al saccheggio di questo territorio: persone
deluse e indignate, che hanno deciso di riprendersi la gestione della propria
vita e della vita pubblica, senza più delegare a politici mestieranti la
propria sorte e il futuro della città.
Negli ultimi 30 anni
Viterbo e la sua provincia hanno visto regredire le proprie condizioni
economiche e la qualità della vita , con servizi scadenti, la chiusura di
esercizi commerciali, una disoccupazione giovanile tra le più alte d’Italia, e
i cittadini relegati a un ruolo di passiva subalternità nei confronti dei
poteri dominanti, interessati solo alla tutela dei propri privilegi.
Questa colpevole gestione della cosa pubblica ha portato un
territorio come il nostro – che per le sue peculiarità storico-artistiche,
naturalistiche, idrogeologiche, agroalimentari e termali potrebbe costituire un
modello economico a livello nazionale – a una condizione di degrado senza
precedenti. Pensiamo al centro storico cittadino, con il teatro dell’Unione, il
cinema Genio, il Museo civico, o a siti archeologici pregevolissimi come
Ferento e Castel d’Asso; ma anche al più totale disinteresse nei riguardi della
riqualificazione dei quartieri periferici, delle frazioni, del Poggino.
L’inerzia che ha bloccato il settore termale di fatto ha
favorito gli interessi di un’imprenditoria monopolistica, così come
sconsiderato è stato ignorare il rilancio del settore agroalimentare,
potenziale settore trainante dell’economia locale, o il mancato impegno per il
potenziamento e il raddoppio della linea ferroviaria Viterbo-Roma.
Il fallimento del servizio di raccolta integrata dei
rifiuti, che oggi con un’ipocrita campagna pubblicitaria (pagata dai
contribuenti) si sta tentando di mascherare, è caratterizzato da disservizi,
mancanza di funzionalità, e di decoro.
La disastrosa
gestione privatistica della società Talete, della quale il Comune di Viterbo è
uno degli azionisti di maggioranza, ha permesso per anni l’erogazione di acqua
con valori di arsenico e fluoruri superiori ai limiti consentiti, senza fornire
adeguate informazioni alla cittadinanza e senza effettuare idonei investimenti
per migliorare il servizio ed eliminare rischi alla salute, anzi imponendo agli
utenti gravosi aumenti delle tariffe.
Tutto ciò dimostra che l’amministrazione dei BENI COMUNI,
attraverso il sistema degli appalti a
società private, subordina inevitabilmente l’interesse della collettività al
profitto: per questo va messo in atto un piano per riportare i servizi alla
gestione diretta del Comune.
E’ ora di tornare ad occuparci dei nostri interessi, dei
BENI COMUNI, riscoprendo il piacere di condividere sogni e speranze,
misurandoci con la concretezza del reale. E poiché “siamo realisti, vogliamo
l’impossibile”.
È con questi intenti, con questi obiettivi che associazioni,
organizzazioni, singoli cittadini provenienti da percorsi politici, culturali,
sociali diversi, hanno deciso di unire le proprie forze e le proprie idee per
costituire un movimento che possa coinvolgere i viterbesi nella gestione
diretta della cura della città, a difesa dei comuni legittimi interessi.
Questo coordinamento non ha niente a che fare con le destre
e con il cosiddetto centro-sinistra che si sono susseguiti nei governi della
città; ma a chi ritiene che sinistra e destra siano la stessa cosa, dimostriamo
con i fatti che non è vero: non siamo “tutti uguali”.
La lista LAVORO E BENI COMUNI ribadisce e contestualizza su
piattaforma civica i valori storici della sinistra e il conflitto sociale,
candidandosi alla guida della città in netta contrapposizione con i gruppi
affaristici e di potere che hanno governato negli ultimi decenni.
Invitiamo i viterbesi a partecipare alla prima Assemblea
cittadina per la presentazione della Lista e del programma, che si terrà entro
i primi giorni di dicembre in luogo e orario che saranno comunicati tramite i
mezzi di informazione e pubblicizzati sul nostro sito.
Viterbo, 14 novembre 2017
LISTA CIVICA
LAVORO E BENI COMUNI
mercoledì 2 settembre 2015
venerdì 24 aprile 2015
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